Quando parlo di felicità

quando parlo di felicità

Tutti gli esseri umani vogliono essere felici; peraltro, per poter raggiungere una tale condizione, bisogna cominciare col capire che cosa si intende per felicità.

Jean-Jacques Rousseau

Nel nostro linguaggio, lo stesso termine può acquistare sfumature e profondità di significato diverse. Di conseguenza, ritengo giusto chiarire cosa intendo quando parlo di felicità, perché non voglio creare illusioni o alimentare false aspettative.

La felicità come possesso

Molte persone ritengono che la felicità sia avere ciò che vogliono, ma la soddisfazione che deriva dal possesso è transitoria. Ciò che abbiamo oggi, potremo perderlo domani. Se basiamo la nostra felicità sul possesso saremo sempre in balia degli eventi, su cui spesso non abbiamo alcun controllo.

Inoltre, soddisfatto un desiderio ne sorge immediatamente un altro, vogliamo sempre di più. Le persone che danno alla felicità quest’ordine di significato non sono mai realmente soddisfatte o appagate. Senza contare che, spesso, più possediamo e più temiamo che qualcuno ce lo porti via. Come può questo essere felicità?

Alla nostra dipartita perderemo tutto in ogni caso. Alla fine dei nostri giorni l’unica cosa che rimarrà sarà il ricordo di noi, il segno che abbiamo lasciato al nostro passaggio. Non è casuale che molte persone, verso la fine, rimpiangano di aver tanto rincorso il successo o il denaro a discapito delle relazioni. Non sono il denaro o i possedimenti a dare pienezza alla vita, sono le persone.

La felicità come assenza di problemi

Anche pensare alla felicità come assenza di difficoltà è una credenza molto diffusa, ma purtroppo è solo un’illusione. Riflettiamo un istante: quanta strada abbiamo fatto nella nostra vita senza incontrare ostacoli, resistenze, problemi?

Possono capitare eventi che sono totalmente al di là del nostro controllo. Perdere il lavoro, un lutto, un incidente o, come abbiamo da poco sperimentato, una pandemia possono sconvolgere la nostra vita in un istante e generare molta sofferenza. Le avversità fanno parte integrante della vita di chiunque e non possono essere evitate. Possiamo solo passarci attraverso. Se lo facciamo con la giusta prospettiva, tuttavia, possiamo usare queste esperienze per forgiare il nostro carattere e sviluppare resilienza. Se usiamo la pressione della vita per acquistare sostanza, possiamo anche diventare la versione migliore di noi stessi. Del resto, serve un’enorme pressione per trasformare un pezzo di carbone in un prezioso diamante.

L’uomo vuole essere felice anche quando vive in modo da rendersi impossibile la felicità.

SANT’AGOSTINO

Alle inevitabili avversità della vita, noi aggiungiamo spesso un’inutile sofferenza, che creiamo con il nostro atteggiamento. Pensiamo a quante volte siamo stati male a causa del risentimento, del senso di colpa o di inadeguatezza? E quanto soffriamo nell’opporre resistenza alla realtà che abbiamo di fronte? Banalmente, ci basta ricordare l’ultima volta che siamo rimasti intrappolati in coda, in ritardo per il lavoro. Come abbiamo reagito? Molto probabilmente, ci siamo arrabbiati, innervositi, agitati, rovinandoci quel momento o persino tutta la giornata.

Per quanto scalpitiamo, il nostro nervosismo non fa muovere di un centimetro le auto davanti a noi e non riduce i tempi dell’ingorgo. Se accettiamo la realtà dei fatti e ce ne facciamo una ragione, invece, possiamo usare quel tempo in modo utile, persino gradevole. Ad esempio, potremmo sentire della buona musica o approfittarne per esercitare la nostra consapevolezza. Non sempre possiamo decidere ciò che accade, ma siamo sempre liberi di scegliere come rispondere agli eventi: sta a noi decidere di prenderci la responsabilità di costruire la nostra felicità. L’alternativa è restare dove siamo, continuando a sperare che un giorno, miracolosamente, la vita ci spiani la strada.

La vera felicità

Quando parlo di felicità mi riferisco a qualcosa di interiore. Non è transitoria o in balia degli eventi esterni, dipende solo da noi. È la gioia che nasce da ciò che siamo e si estende in ogni area della nostra vita, portando con sé un profondo senso di completezza, pienezza e appagamento.

La vera felicità è una scelta rinnovata ogni giorno, che determina il nostro modo di guardare, pensare e agire. Nelle relazioni, ad esempio, scegliere la felicità significa privilegiare la connessione al gioco di potere, la comprensione al bisogno di avere ragione. Questo ci costringe a metterci in gioco molto seriamente. Non sempre è una cosa facile e indolore e, molto spesso, tanto basta a scoraggiare la maggior parte delle persone.

“Se si costruisse la casa della felicità, la stanza più grande sarebbe la sala d’attesa.”

Jules Renard

Realizzare la vera felicità richiede coraggio. Il coraggio di prenderci la piena responsabilità della nostra vita e delle nostre scelte, la forza di cambiare modo di pensare, per far emergere la versione migliore di noi stessi. Questa è la strada meno battuta dai più, perché può essere molto scomoda, ma è anche quella che ci conduce a una profonda realizzazione, portando nella nostra vita una pienezza e un senso di fierezza che non avremmo mai potuto immaginare.

Non esiste una strada verso la felicità. La felicità è la strada

Confucio

Un commento su “Quando parlo di felicità

  1. Niente di più vero Silvia, ho notato un netto miglioramento nella mia vita, solo dopo essermi presa la piena responsabilità di tutto ciò che vivevo e questo mi ha permesso di espandere maggiormente la mia consapevolezza e farmi vedere la vita per ciò che è in realtà senza aspettative o giudizio. Sono convinta che siamo venuti al mondo per essere felici e restando nel presente aiutiamo noi stessi non soltanto a percepire quella felicità tanto ricercata, ma a viverla pienamente.

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